Quando, diversi anni fa, è iniziata la produzione degli alimenti senza glutine, la tipologia dei prodotti proposta era ben diversa da quella odierna, in termini di qualità e quantità. Vista sempre la maggior richiesta e una popolazione che giustamente diventa sempre più esigente, un valido aiuto per migliorare la qualità dei prodotti lievitati senza glutine è arrivata dall’uso degli idrocolloidi in cucina.
Cosa sono gli idrocolloidi?
Sono polimeri idrofilici (carboidrati complessi), soprattutto di origine vegetale, che se idratati si rigonfiano assumendo una consistenza solida o semisolida. Questi sono utilizzati come additivi nella produzione dei lievitati da forno gluten-free perché facilitano l’assorbimento e il trattenimento dell’acqua nell’impasto, ne migliorano la texture e la viscosità. Prolungano inoltre la vita commerciale (shelf life) del prodotto, migliorandone la conservabilità, danno al prodotto una certa morbidezza e sofficità e infine conferiscono stabilità, soprattutto ai surgelati.
Come agiscono gli idrocolloidi in cucina?
Gli idrocolloidi possono agire in maniera diversa e il loro effetto sull’impasto dipende dal tipo di farina a cui vengono addizionati, dalla percentuale con cui vengono impiegati e da come interagiscono con gli altri ingredienti nell’impasto. Alcuni idrocolloidi possono ad esempio interagire all’interno dell’impasto con le molecole d’acqua, garantendone la ritenzione, portando così ad una maggiore morbidezza del prodotto. Altri invece sono in grado di stabilizzare le emulsioni garantendone la struttura areata dell’impasto per tempi simili a quelli della lievitazione. Chiariamo una cosa però, gli idrocolloidi non sono in grado di creare un reticolo che si possa paragonare a quello del glutine, però se addizionati ad un impasto, anche in minima percentuale, formano un film sottile che ingloba i granuli di amido, con lo scopo di ottenere un impasto con una consistenza idonea ad essere lavorato.
Esempi di idrocolloidi
Tra gli idrocolloidi più utilizzati con la farina senza glutine abbiamo i derivati da modificazione della cellulosa, la idrossipropilmetilcellulosa (E464) e la carbossimetilcelluosa (E466). Questo tipo di idrocolloidi si caratterizzano per un’elevata capacità di ritenere l’acqua dando al prodotto caratteristiche di emulsionante e gelificante. Altri idrocolloidi molto usati sono le pectine (E440), la gomma arabica (E414), le k-carragenine (E407) che influenzano in maniera diversa l’elasticità della mollica, la porosità dell’impasto e l’elasticità e la resistenza alla deformazione. Spesso gli idrocolloidi non vengono addizionati singolarmente all’impasto, ma in un “mix” in diverse percentuali.
L’uso degli idrocolloidi in cucina è sicuro?
Il tema “idrocolloidi” crea pareri discordanti all’interno della comunità scientifica. Molti sono d’accordo sul loro utilizzo sostenendo che, vista la loro origine naturale, potrebbero contribuire alla quantità di fibre assunte con l’alimentazione. Altri invece non sono d’accordo perché pensano che potrebbero migliorare la consistenza, gusto e gradevolezza di prodotti non sempre di buona qualità. Ad esempio gli idrocolloidi sono presenti in alternative vegetali allo yogurt, facendolo sembrare il più simile possibile ad uno yogurt “normale”. Parliamo in questo caso di prodotti ultratrasformati che si allontanano sempre di più da un’alimentazione naturale e semplice.
A voi la conclusione e il giudizio se l’utilizzo degli idrocolloidi in cucina, più o meno indiscriminato, sia un bene o un male per il consumatore finale.
L’unica certezza è che tutti ci dovremo alimentare in maniera consapevole e dovremo sapere ciò che stiamo mangiando.